L’Istrice

Camminando nell’area umida della Cervelletta non è raro trovare a terra degli aculei di Istrice, specie appartenente alla fauna selvatica di questa area naturale protetta.

L’istrice (Hystrix cristata) conosciuto popolarmente anche come porcospino o spinosa, è il più grande dei roditori italiani con il maggior numero di aculei in assoluto. Può raggiungere una lunghezza di 70 cm e pesare fino a 15 kg., ben più grande dunque del Riccio comune (Erinaceus europaeus) con cui spesso viene confuso.
Si trova in tutta l’Africa settentrionale, mentre in Europa l’unico paese dove si può trovare diffusamente è l’Italia.
E’ un animale erbivoro che si nutre di semi, bulbi, radici, tuberi e frutti caduti a terra. Come il gufo anche l’istrice è prevalentemente un animale notturno e di giorno tende a nascondersi in tane, cunicoli, cavità nei tronchi o rocce. Ha un carattere pacifico, è monogamo e si prende cura della prole.

Caratteristica inconfondibile di questo animale sono gli aculei che hanno una struttura variabile a seconda delle zone del corpo in cui si trovano: peli con punta rigida, lunghi fino a 40 centimetri e dure setole bianche e nere lunghe oltre 20 centimetri che hanno l’estremità così rigida e tagliente che in alcune tribù africane sono utilizzate per la punta delle frecce.

L’istrice (porcospino) non è un animale pericoloso, ma come tutti gli animali non va infastidito, è una specie protetta che deve essere lasciata libera nel suo habitat naturale senza recargli disturbo. Può attaccare solo se si sente minacciato o accecato dalla luce, quindi è meglio mantenere una calma tranquilla e non fare movimenti improvvisi.
Quando si vede minacciato da potenziali predatori, l’istrice solleva gli aculei agitandoli e sfregandoli, e producendo un caratteristico rumore simile ad un sonaglio, picchiando le zampe sul terreno, soffiando e ringhiando ed esponendo alla minaccia gli aculei e se il predatore si avvicina troppo questi vengono conficcati nella pelle provocando profonde ferite.
Gli aculei si staccano e si riformano, come le code delle lucertole, non a caso un segno per identificare una tana in uso da parte di questo animale è proprio la presenza di alcuni aculei persi attorno all’uscio.

Nel breve racconto, noto come “Il dilemma del porcospino” del filosofo tedesco Schopenhauer, utilizzando la figura del porcospino, animale dotato di spine (metaforicamente le nostre difese) riflette sulla difficoltà del vivere insieme agli altri e di mantenere la giusta distanza nei rapporti con le persone, per non ferirsi a vicenda. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.

“Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione...”

Arthur Schopenhauer, Il dilemma del porcospino

I porcospini ci insegnano che le relazioni di ogni tipo sono il frutto di un complicato e delicato equilibrio tra vicinanza e distanza, (due bisogni profondi che accomunano le persone: avere legami, conservare una propria individualità) e che conoscere i propri confini è la chiave per capire e costruire il giusto equilibrio.

Bibliografia:
Spagnesi M., De Marinis A.M. (a cura di), Mammiferi d’Italia – Quad. Cons. Natura n.14
Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena (1851), volume II, capitolo XXXI, sezione 396
Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) in Opere

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