Tutti gli articoli di Anna Maria Virgili

L’Istrice

Camminando nell’area umida della Cervelletta non è raro trovare a terra degli aculei di Istrice, specie appartenente alla fauna selvatica di questa area naturale protetta.

L’istrice (Hystrix cristata) conosciuto popolarmente anche come porcospino o spinosa, è il più grande dei roditori italiani con il maggior numero di aculei in assoluto. Può raggiungere una lunghezza di 70 cm e pesare fino a 15 kg., ben più grande dunque del Riccio comune (Erinaceus europaeus) con cui spesso viene confuso.
Si trova in tutta l’Africa settentrionale, mentre in Europa l’unico paese dove si può trovare diffusamente è l’Italia.
E’ un animale erbivoro che si nutre di semi, bulbi, radici, tuberi e frutti caduti a terra. Come il gufo anche l’istrice è prevalentemente un animale notturno e di giorno tende a nascondersi in tane, cunicoli, cavità nei tronchi o rocce. Ha un carattere pacifico, è monogamo e si prende cura della prole.

Caratteristica inconfondibile di questo animale sono gli aculei che hanno una struttura variabile a seconda delle zone del corpo in cui si trovano: peli con punta rigida, lunghi fino a 40 centimetri e dure setole bianche e nere lunghe oltre 20 centimetri che hanno l’estremità così rigida e tagliente che in alcune tribù africane sono utilizzate per la punta delle frecce.

L’istrice (porcospino) non è un animale pericoloso, ma come tutti gli animali non va infastidito, è una specie protetta che deve essere lasciata libera nel suo habitat naturale senza recargli disturbo. Può attaccare solo se si sente minacciato o accecato dalla luce, quindi è meglio mantenere una calma tranquilla e non fare movimenti improvvisi.
Quando si vede minacciato da potenziali predatori, l’istrice solleva gli aculei agitandoli e sfregandoli, e producendo un caratteristico rumore simile ad un sonaglio, picchiando le zampe sul terreno, soffiando e ringhiando ed esponendo alla minaccia gli aculei e se il predatore si avvicina troppo questi vengono conficcati nella pelle provocando profonde ferite.
Gli aculei si staccano e si riformano, come le code delle lucertole, non a caso un segno per identificare una tana in uso da parte di questo animale è proprio la presenza di alcuni aculei persi attorno all’uscio.

Nel breve racconto, noto come “Il dilemma del porcospino” del filosofo tedesco Schopenhauer, utilizzando la figura del porcospino, animale dotato di spine (metaforicamente le nostre difese) riflette sulla difficoltà del vivere insieme agli altri e di mantenere la giusta distanza nei rapporti con le persone, per non ferirsi a vicenda. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.

“Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione...”

Arthur Schopenhauer, Il dilemma del porcospino

I porcospini ci insegnano che le relazioni di ogni tipo sono il frutto di un complicato e delicato equilibrio tra vicinanza e distanza, (due bisogni profondi che accomunano le persone: avere legami, conservare una propria individualità) e che conoscere i propri confini è la chiave per capire e costruire il giusto equilibrio.

Bibliografia:
Spagnesi M., De Marinis A.M. (a cura di), Mammiferi d’Italia – Quad. Cons. Natura n.14
Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena (1851), volume II, capitolo XXXI, sezione 396
Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) in Opere

Ma cosa significa, in concreto, salvaguardare il patrimonio?

In ogni paese, il patrimonio culturale è una testimonianza di vita e storia, determina la nostra identità e i valori che ci guideranno in un mondo in costante mutamento, è una fonte insostituibile di creatività e ispirazione e, per tutte queste ragioni, le istituzioni che ci rappresentano hanno il preciso compito della sua tutela e salvaguardia prevista da una specifica norma costituzionale (art.9 Cost.).
Salvaguardare il patrimonio vuol dire mettere in atto un complesso di azioni intese a proteggere il patrimonio culturale noto, impedendo che possa degradarsi nella sua struttura fisica e nel suo contenuto culturale, assicurandone la conservazione per consegnarlo inalterato alle future generazioni.
Allora la domanda è: perché da quando il Casale della Cervelletta è stato acquisito alla proprietà pubblica da parte del Comune di Roma, ovvero dal 2001, non è ancora stato salvaguardato e restituito all’utilizzo della comunità? Perché da anni, nonostante tutti gli sforzi degli abitanti dei quartieri limitrofi, delle associazioni di volontariato, di tutti i romani che hanno raccolto moltissime firme a suo tempo, nonostante l’impegno di Università, studenti, cittadini/e, ad oggi assistiamo ancora al ritardo delle istituzioni che rimandano sistematicamente gli impegni presi ad un domani che è sempre più in fondo al tunnel?
Uno stillicidio che dopo ben ventitré anni di promesse non mantenute, disimpegno, indifferenza, vuoto istituzionale, tira e molla, silenzio, richiede che vengano portati avanti urgentemente i lavori di salvaguardia del Casale della Cervelletta.
La nostra Associazione continuerà a fare la propria parte come in passato per avere risposte concrete da parte di chi ha il preciso dovere di tutelare e salvaguardare questo patrimonio culturale e ambientale lasciato da troppo tempo in stato di abbandono.

In questi giorni il nostro caro Mimmo (più noto come Mimmo “Cervelletta” per il suo costante impegno) si sta sottoponendo ad una serie di cure: a lui va il nostro pensiero e l’augurio di pronta guarigione. Daje Mimmo, ti aspettiamo alla Cervelletta più forte di prima!!!

Settembre, i segni del cambiamento

Nell’immaginario collettivo, l’arrivo di Settembre coincide con la fine della pausa estiva e con la conseguente ripresa delle normali attività scolastiche e lavorative. Così anche per la nostra Associazione, significa la ripresa delle visite guidate e delle attività culturali che si organizzano per promuovere la conoscenza di un patrimonio unico, quale è il Parco e il Casale della Cervelletta.
La natura comincia a manifestare i primi segni del cambiamento e il bosco con il sopraggiungere di una nuova stagione assume un fascino particolare attraverso i colori, dalle tonalità verdi, gialle, rosse o nocciola e la valanga di profumi, le linee del paesaggio e, passata la calura, l’aria più fresca che ci invita a lunghe passeggiate.
Gli alberi cambiano e allo stesso modo, quando una stagione della nostra vita arriva ad una svolta, tutto il nostro essere si prepara ad accogliere il cambiamento, ad elaborarlo e viverlo sino in fondo, con una nuova consapevolezza che ci permette di vedere il mondo non più come lo vedevamo prima, ma con uno sguardo diverso. Noi siamo come gli alberi, facciamo parte della natura e da essa traiamo energia, ma troppo spesso ce ne dimentichiamo.
Addentrandoci sempre di più in mezzo agli alberi, lungo i sentieri, è possibile entrare in sintonia con questo ambiente silvano, sentire l’odore dell’acqua e della terra, il fruscìo vibrante delle foglie o gli innumerevoli, talvolta impercettibili, rumori e versi di creature nascoste nell’erba o nelle cortecce dei tronchi.
Formiche, ragni, cavallette, lucertole. bruchi, farfalle, coccinelle, lumache, lombrichi, larve e piccoli insetti: tutto un mondo che popola il sottobosco, il regno delle erbe, dei muschi, delle felci che amano l’ombra e l’umidità.

Quale sensazione vitale proviamo al tatto delle molteplici erbe che crescono lungo il cammino, tra la cromaticità del verde nelle sue calde e infinite sfumature e come è bello perdersi tra le varietà dei pioppi bianchi, neri e cipressini, tra gli olmi dalla folta chioma, tra i sambuchi carichi di grappoli maturi, le robinie, i salici bianchi e quelli dai rami ricadenti sull’acqua!
Relitti di tronchi ci riportano indietro nel tempo, e l’albero ultracentenario che abbiamo battezzato “il Patriarca” evoca storie, miti e leggende se sappiamo ascoltarlo.

Parco della Cervelletta, nostro polmone verde

Le temperature di questa estate 2024 parlano di picchi di 38°- 40°C a Roma, con le maggiori città italiane da bollino rosso.
È noto che i fenomeni di surriscaldamento urbano determinano un vero e proprio microclima distinto nelle città, con temperature più elevate nelle aree edificate rispetto alle zone rurali circostanti.
Le alte temperature favoriscono la formazione di inquinanti atmosferici peggiorando la qualità dell’aria e aumentando i casi di malattie respiratorie; così come un maggior consumo energetico per il raffrescamento degli spazi interni contribuisce a una maggiore emissione di gas serra, gravando quindi sul cambiamento climatico.
Le elevate temperature e la cattiva qualità dell’aria possono ridurre la vivibilità delle città, influenzando negativamente la qualità della vita dei residenti, colpendo in particolare le fasce d’età più vulnerabili come anziani e bambini.

La consapevolezza di quanto sia importante la salvaguardia delle aree verdi in città per ridurre le temperature urbane e renderle più vivibili, non sempre trova un riscontro responsabile.

Di recente, proprio nel Parco della Cervelletta, abbiamo registrato atti di vandalismo che hanno danneggiato la passerella che dal quartiere di Colli Aniene si inoltra nel bosco e consente di raggiungere il Casale storico, di godere un po’ di frescura, di passeggiare all’ombra degli alberi e, ai cinefili, di seguire spettacoli all’aperto organizzati, nel periodo estivo, dal Cinema America.
Ciò che ci preme evidenziare è la mancanza di rispetto per un bene pubblico che appartiene a TUTTI. Chi danneggia il parco dovrebbe riflettere sul valore che esso rappresenta per la salvaguardia della salute, oltre all’aspetto sociale, culturale e storico.
Questo nostro parco vuole essere amato perché ci offre un beneficio enorme come polmone verde in un’area urbana ed è prezioso per la sua biodiversità. Chi lo cura e lo valorizza andrebbe ringraziato, chi lo distrugge in vari modi fa male agli altri ma anche a sé stesso.
Il verde che ci circonda invita alla condivisione, alla comprensione del bene comune, come alberi che compongono un bosco le cui radici sono strettamente connesse e i cui rami sono casa per molte specie viventi.

Abbiamo il dovere della cura e della salvaguardia: il ringraziamento minimo per il dono che ci è dato.

Un saluto al caro Antonio

Un saluto commosso e affettuoso da parte di tutta l’Associazione Uniti per la Cervelletta al caro Antonio che ci ha lasciati in questi giorni di agosto.

Antonio Viccaro era un socio, un amico, un compagno strettamente legato alla storia della Cervelletta e alle tante battaglie per la salvaguardia del Parco e del Casale. Ma molti lo ricordano nel quartiere di Colli Aniene anche per il suo costante impegno sociale, per la sua caparbietà a voler raggiungere gli obiettivi, per la sua precisione e coerenza.
Un compagno di questo tratto di strada che parte da lontano e che ha sempre guardato oltre, ci lascia un testimone importante da portare avanti con determinazione: la tutela dell’ambiente, l’impegno per un mondo migliore, l’attenzione verso i più deboli della società.
La sua sensibilità e umanità, la sua semplicità e onestà restano un esempio per tutti noi che lo abbiamo voluto come membro del direttivo della nuova associazione.