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Si inizia, ora.

L’incontro del 13 novembre, alla Biblioteca Vaccheria Nardi, è stato quello delle grandi occasioni: grande e qualificata partecipazione, i massimi livelli istituzionali del Comune e del Municipio IV, gli esperti e gli accademici di settore. L’apertura della serata è affidata alla presidente della associazione Uniti per la Cervelletta che entra subito nel merito stringendo sulle questioni fondamentali:

  • la situazione dei progetti elaborati e relativi stanziamenti già previsti per il restauro;
  • quali possibilità per ulteriori e necessari finanziamenti;
  • l’utilizzo della struttura, con l’apertura al pubblico, unico modo per non riabbandonare il bene;
  • come continuare il percorso partecipato già promosso nel 2022 e che si è interrotto;

Nella visione del futuro del Casale della Cervelletta, la Presidente Irene Ortis ne ricorda i punti ritenuti essenziali per l’Associazione. In sintesi, la Cervelletta deve essere a gestione pubblica, deve rappresentare tutte le condizioni di sostenibilità ambientale, volta all’inclusione sociale, deve contenere lo spazio per i territori e avere una funzione a respiro cittadino.
Quattro punti fermi su cui costruire il futuro.

Per impegni inderogabili è Massimiliano Umberti, Presidente del IV Municipio, a portare il primo contributo definendo da subito la Cervelletta una delle centralità che nel territorio vanno assolutamente perseguite, anche collegandola a quanto si sta realizzando lungo il Fiume Aniene come il Parco Alberini e altri lavori di bonifica previsti. Al riguardo riporta che proprio in via degli Alberini è stato ritrovato l’antichissimo frammento sottratto nel “museuccio” del Casale. Un esempio di quanto presente nel territorio tiburtino e che si intende valorizzare nello specifico e nella interezza della ricchezza archeologica. Per l’attenzione dell’Amministrazione Comunale e Municipale e al di là delle giuste sollecitazioni, si dichiara sulla stessa lunghezza d’onda dell’assemblea.

Nel presentare i successivi relatori, il Vicepresidente Elio Romano, riporta alla memoria Marina Tranquilli, Giancarlo Cosenza, Paolo Santucci e Antonio Viccaro; figure eccezionali, che hanno dedicato molto alla salvaguardia della Cervelletta. Porta poi il saluto di Domenico Pietrangeli (il mitico Mimmo Cervelletta) e di Antonio Barcella (autore di libri sulla Cervelletta che dona agli intervenuti), entrambi oggi assenti, ma giustificati (dalle loro condizioni di salute). Relativamente ai due milioni di euro previsti per il Casale nella linea del progetto Caput Mundi del PNRR, si chiede la precisa destinazione per capire cosa verrà messo in sicurezza. I 250 mila euro recuperati nel 2019 hanno permesso il cerchiaggio della Torre e la sistemazione di una parte del tetto del Casale. Una speranza che si confida venga confermata con l’attuale stanziamento.

“Siamo su un percorso giusto, di questo sono tranquillissima, ma c’è sempre la necessità di vigilare affinché non ci sia una qualche deviazione negativa” – dichiara in apertura Sabrina Alfonsi, Assessora all’Ambiente del Comune di Roma. Ripercorre poi l’iter dell’impegno del Comune di Roma, a cominciare dalla determinazione dirigenziale del 2022 con la quale si affidava alla Facoltà di Architettura RomaTre un incarico per studi e ricerche sullo stato del Casale e, contemporaneamente, l’attivazione del processo partecipativo; poi vi è stato un secondo incarico, a dicembre 2023 ad Ingegneria per integrare il progetto fatto dalla Facoltà di Architettura. Entra quindi in gioco la Soprintendenza di Stato che decide di inserire nel progetto Caput Mundi la Cervelletta, rispondendo al bando PNRR di valorizzazione del patrimonio archeologico, culturale e turistico di Roma usando l’opportunità offerta dal Recovery Plan. Cosa assolutamente positiva dove il Comune interviene immediatamente. Ci sono dunque due studi già fatti (di Architettura e di Ingegneria) che sono la base per poter partecipare al bando di Caput Mundi. I due milioni vengono assegnati per il restauro del Casale (non parliamo delle finiture interne ma della parte strutturale di consolidamento degli edifici e della rupe). I lavori dovranno finire entro il 2026 e per rispettare quella data bisogna correre molto e bisogna vigilare sulla loro esecuzione. “Come Comune di Roma dobbiamo trovare un’altra parte di finanziamento” – continua l’Assessora Alfonsi – “per entrare nel Casale dopo la fine dei lavori e sistemare le ultime cose e così metterla a disposizione della cittadinanza”. Nei decenni passati ci sono stati dei grandi restauri ma poi è stato messo un bel lucchetto e quindi quei beni hanno ricominciato ad ammalorarsi, senza avere la possibilità di fruizione. Questo non deve accadere. Quanto ai quattro punti presentati dalla Presidente Ortis rispetto al gestore pubblico, al sociale, al territorio, al presidio cittadino, siamo tutti d’accordo: però tutto questo parte del primo gennaio 2026 con il percorso di partecipazione.

Interviene poi l’ing. Manuel Petacchiola che ha illustrato il progetto elaborato per preservare l’integrità storica ed estetica del Casale (restauro conservativo), rafforzando la sottostante rocca tufacea e sistemando anche i tetti delle stalle oggi collassati. Dichiarando che: “probabilmente a partire da marzo 2026 non pioverà più dentro il Casale”. Ha rappresentato la complessità dei lavori (sarà necessario installare una gru) che sono confortati da centinaia di studi compresivi di tutti i capitolati e dei relativi computi metrici. Infine, ha informato l’assemblea che la ditta che dovrà eseguire i lavori è già stata selezionata come anche la nomina del direttore dei lavori.

Dopo alcune domande del pubblico, è intervenuto il prof. Michele Zampilli, (Facoltà di Architettura RomaTre) che ha presentato una ipotesi di rifunzionalizzazione del Casale della Cervelletta. Le slide (che, dietro autorizzazione dell’Assessora Alfonsi, verranno condivise con Uniti per la Cervelletta) hanno permesso al prof. Alessandro Leon (economista) di illustrare l’ipotesi di un utilizzo parziale degli spazi del Casale per la definizione di una Food Policy della città di Roma.
Un contributo, dichiarato “da cittadina”, è stato portato dall’Assessora all’ Ambiente Federica Desideri che ha espresso la personale e antica attenzione al Casale della Cervelletta.

In ultima istanza, dopo rapide domande dei presenti, l’Assessora Alfonsi ha tenuto a precisare che, una volta riconsegnato il Casale messo in sicurezza, si dovrà definire come e cosa finanziare, con una progettazione di grande livello che vada a rispettare i quattro punti fissati dai cittadini e da “Uniti per la Cervelletta”. Si dovranno ipotizzare interventi che non incidano troppo sulle casse del Comune con una ricerca di risorse per le quali si invitano tutti i soggetti interessati a spingere sulle istituzioni competenti. Altra questione da dirimere sarà quella del soggetto gestionale. Se infine entro dicembre 2024 si darà il via ai lavori, tutte le questioni, a cominciare dal percorso partecipativo, andranno, con buon anticipo, rappresentate.
Come Associazione Uniti per la Cervelletta, a conclusione di questo importante incontro, possiamo affermare che: “Il cantiere è quasi aperto.”

Ansia per la Cervelletta

Da quando, nel lontano 2001, il Casale della Cervelletta, sotto una poderosa spinta popolare, è stato acquisito dal Comune di Roma, tante sono state le speranze di vederlo restaurato, rivitalizzato, restituito al pubblico godimento.
Il monumento, forse il più importante del territorio, lentamente ma inesorabilmente si andava degradando, si collassava in alcuni corpi di fabbrica, rischiava di veder crollare le sue parti più nobili e tra queste anzitutto la torre medievale.
Eppure, quel castello era costantemente difeso e promosso dalla cocciuta determinazione, dalla fantasia operativa di tanti uomini e
di tante donne che hanno prodotto uno straordinario impegno.
In alcuni momenti (non quelli elettorali sempre illusori ) la rinascita della Cervelletta era sembrata cosa fatta; per l’impegno delle istituzioni, per i fondi stanziati, per i protocolli sottoscritti, per i progetti redatti fino alle fasi esecutive.
È ancora vivo (e brucia) il ricordo del Progetto esecutivo che Roma Capitale e RomaNatura, utilizzando i fondi della Comunità europea avevano messo in campo per la realizzazione di una Struttura recettiva con centro di Divulgazione ambientale: era il così detto albergo diffuso, interventi finanziati per 1.930.000 € con i fondi POR FESR Lazio 2007-2013. Poi il nulla di fatto, I fondi, inspiegabilmente restituiti e il progetto cancellato. Eravamo nel 2014: quella fu una brutta botta.
Oggi, grazie a nuova stagione di iniziative e per l’attenzione che il Comune di Roma ha rivolto al Casale della Cervelletta, si dispone di un finanziamento di 2.000.000 di euro iscritto nel PNRR (linea Caput
Mundi). Soggetto attuatore è la Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma ma il Comune di Roma ha già da tempo affidato all’Università di RomaTre incarico per uno studio complessivo di “consolidamento statico e di restauro architettonico”. Il progetto è stato consegnato già da tempo e dovrebbe essere nelle disponibilità della Soprintendenza che dovrebbe così attivare gli interventi di restauro e consolidamento. La loro definizione permetterà poi di concludere il percorso partecipato finalizzato alla rifunzionalizzazione del Casale. Infatti, nei mesi passati, sono stati realizzati tre incontri tra il Comune di Roma, l’ Università RomaTre e Associazione Uniti per la Cervelletta con il
compito di produrre ipotesi e idee per una futura rifunzionalizzazione degli spazi del Casale: un percorso da completare e che permetterebbe ulteriori investimenti.
Tutto a posto? Quasi certamente sì ma alcuni ritardi inquietano. Quando non si sente di avere la esatta conoscenza di tutti i passaggi, se il complesso dei fatti passati diventa reattivo sul presente, allora la realtà tende a irrigidirsi e a produrre ansia. Un disagio che coinvolge i cittadini e le associazioni locali con i quali abbiamo un impegno comune di democrazia e partecipazione.
Il 13 novembre sarà occasione per andare avanti nella consapevolezza delle cose da fare.

Ma cosa significa, in concreto, salvaguardare il patrimonio?

In ogni paese, il patrimonio culturale è una testimonianza di vita e storia, determina la nostra identità e i valori che ci guideranno in un mondo in costante mutamento, è una fonte insostituibile di creatività e ispirazione e, per tutte queste ragioni, le istituzioni che ci rappresentano hanno il preciso compito della sua tutela e salvaguardia prevista da una specifica norma costituzionale (art.9 Cost.).
Salvaguardare il patrimonio vuol dire mettere in atto un complesso di azioni intese a proteggere il patrimonio culturale noto, impedendo che possa degradarsi nella sua struttura fisica e nel suo contenuto culturale, assicurandone la conservazione per consegnarlo inalterato alle future generazioni.
Allora la domanda è: perché da quando il Casale della Cervelletta è stato acquisito alla proprietà pubblica da parte del Comune di Roma, ovvero dal 2001, non è ancora stato salvaguardato e restituito all’utilizzo della comunità? Perché da anni, nonostante tutti gli sforzi degli abitanti dei quartieri limitrofi, delle associazioni di volontariato, di tutti i romani che hanno raccolto moltissime firme a suo tempo, nonostante l’impegno di Università, studenti, cittadini/e, ad oggi assistiamo ancora al ritardo delle istituzioni che rimandano sistematicamente gli impegni presi ad un domani che è sempre più in fondo al tunnel?
Uno stillicidio che dopo ben ventitré anni di promesse non mantenute, disimpegno, indifferenza, vuoto istituzionale, tira e molla, silenzio, richiede che vengano portati avanti urgentemente i lavori di salvaguardia del Casale della Cervelletta.
La nostra Associazione continuerà a fare la propria parte come in passato per avere risposte concrete da parte di chi ha il preciso dovere di tutelare e salvaguardare questo patrimonio culturale e ambientale lasciato da troppo tempo in stato di abbandono.

In questi giorni il nostro caro Mimmo (più noto come Mimmo “Cervelletta” per il suo costante impegno) si sta sottoponendo ad una serie di cure: a lui va il nostro pensiero e l’augurio di pronta guarigione. Daje Mimmo, ti aspettiamo alla Cervelletta più forte di prima!!!

Cervelletta contemporanea

La Cervelletta (straordinario Parco Naturale e complesso monumentale con Torre del 1200 e Casale gentilizio della seconda metà del cinquecento e della prima metà del seicento, con annesso Borgo Rurale) è diventato patrimonio pubblico della Regione Lazio-Roma Natura e del Comune di Roma (1997/2001), in seguito alle lotte dei cittadini, prevalentemente di Colli Aniene.
Nel corso del tempo è diventata una pagina buia di storia, di cui le Amministrazioni comunali e regionali debbono prendere atto.
Gli aspetti che sono necessari da prendere in considerazione, sono quattro:
1) Il complesso monumentale del Casale con la sua splendida Torre;
2) Le terre circostanti inserite nella Riserva Naturale Valle dell’Aniene (620 ettari);
3) Il “Rimessino” e l’ipotesi di costruirvi un “albergo diffuso” nel rispetto delle planimetrie originarie;
4) I finanziamenti
Le pagine più ambigue e brutte sono state scritte a proposito della colpevole indifferenza dimostrata nei confronti del dovere costituzionale di tutelare i Beni artistico-culturali e paesaggistici che solo i cittadini assicuravano con costanza ed impegno e chiedevano insistentemente ma inutilmente agli amministratori di rispettare. Fatta eccezione di un intervento inadeguato e decisamente poco efficace effettuato durante la consigliatura Veltroni, il Comune si è, colpevolmente, disinteressato del Bene.
I cittadini sono stati sistematicamente ingannati, con solenni promesse “elettorali” da amministratori, deputati e senatori. Ogni anno si prometteva uno, due o tre milioni di euro per il restauro (ne occorrono almeno dieci!) che non sono mai arrivati.
Il grave degrado in cui versa attualmente la Cervelletta sicuramente si sarebbe potuto evitare, se l’amministrazione fosse intervenuta gradualmente con piccole somme, anno dopo anno, come suggerivano i cittadini.
Quando la Comunità Europea ha stanziato due milioni di euro per finanziare “l’albergo diffuso”, i soldi sono stati restituiti, per incuria, dalla Regione Lazio- Roma Natura.
L’ultima promessa truffaldina che risale a circa un anno e mezzo fa, è stata fatta, in nostra presenza, negli uffici dell’Assessorato del Patrimonio del Comune, da funzionari comunali, di 3.800.000,00 euro per il restauro, con inizio dei lavori alla fine del 2014.
Circa quattro anni fa un’altra delusione: una somma di 250.000,00 euro, misteriosamente “trovata” dalla dott.ssa Forte, era legata esclusivamente al restauro della Cervelletta.
Si chiede che fine abbia fatto anche questa cifra irrisoria.
A proposito del Bando per l’assegnazione delle terre in seguito a nostre precise e circostanziate indicazioni, il vice-sindaco Nieri provvedeva a sospendere tutto a causa delle periodiche e devastanti esondazioni dell’Aniene, del grande collettore di Roma Est e della rete fognaria di Colli Aniene. Dopo le dimissioni di Nieri, però, il Bando veniva riaperto e le terre assegnate.
Questa operazione tagliava una sezione importantissima della Riserva Naturale, che, come le altre tredici fanno di Roma una delle città più verdi d’Europa e che sono state volute e difese con strenue lotte dai cittadini.

Evidentemente l’intenzione dell’amministrazione era, è, e, purtroppo sarà quella di privatizzare tutto; in questo caso cacciare dalle abitazioni del Borgo Rurale in cui erano nati, i vecchi contadini della Cervelletta.
Comunque, in alternativa, i cittadini, tra molti altri progetti, proponevano, inutilmente, come sempre, al Comune l’assegnazione di una casa ai vecchi contadini e la trasformazione del Borgo e del Casale in una “cittadella” dell’artigianato artistico con un grande polo museale all’interno del Casale, che coinvolgesse anche tutti i Comuni della Valle dell’Aniene e che prevedesse un congruo finanziamento dalla Comunità Europea.
Tutto inutile.
Un po’ così muore l’impegno dei cittadini per la miopia ideale e culturale dei politici e degli amministratori.

Storia antica della Cervelletta

Il Parco della Cervelletta si trova nella valle dell’Aniene, in un’area delimitata dalla via Tiburtina e dalla via Collatina, estesa circa 9 km quadrati e di notevole interesse naturalistico, storico ed archeologico. La sua formazione geologica risale a più di trecentomila anni fa, quando il Vulcano Laziale, ossia il complesso dei Colli Albani, un tempo vulcano attivo, nella sua fase eruttiva invase il bacino dell’Aniene, colmando le depressioni vallive. Nel successivo periodo di erosione e di escavazione del tufo depositatosi, il territorio assunse il suo nuovo aspetto, caratterizzato da un’ampia valle fluviale con zone di impaludamento e di basse colline tufacee. L’origine vulcanica del terreno è testimoniata dagli imponenti giacimenti di tufo lungo il corso dell’Aniene, sfruttati fin dall’epoca romana. La prima fase di popolamento della zona risale a circa duecentomila anni fa, al termine della glaciazione rissiana. L’ambiente, particolarmente umido per la presenza dell’Aniene e delle paludi, era costituito da boschi di querce ed era popolato da numerosi animali come l’elefante (sono state rinvenute trenta zanne, alcune lunghe più di tre metri) , l’ippopotamo, il rinoceronte, il cervo, il cavallo, il cinghiale ed alcuni uccelli acquatici, ma soprattutto sono stati rinvenuti resti riferibili all’uomo pre-neandertaliano, una forma arcaica di homo sapiens. I più importanti siti preistorici sono stati ritrovati nelle zone di Ponte Mammolo, Ripa Mammea, Casal De’ Pazzi e fanno riferimento a sparuti gruppi di uomini che non si insediarono stabilmente nella zona, ma che si spostavano in piccoli gruppi (nomadi, cacciatori-raccoglitori) seguendo i percorsi naturali lungo i crinali dei colli. Più tardi, nel XIV sec.a.c., impararono ad attraversare le colline, i corsi d’acqua, a spostarsi lungo rotte più brevi per trasferire le greggi dai monti dell’Abruzzo al Mar Tirreno e per scambiare i prodotti. Per secoli, dunque, la valle dell’Aniene fu percorsa da rotte di transumanza e antichi tratturi sono stati riutilizzati più tardi, in età romana, per la costruzione della via Tiburtina e della via Collatina. I primi abitati proto-urbani sorsero nell’VIII secolo a.C.: Coenina, presso La Rustica e Collatia. Coenina sorgeva in una zona intermedia tra Roma (che allora si stava formando) e Gabii, lungo una via di comunicazione con la Campania. Essa era un importante centro commerciale come attestano anche i corredi funebri rinvenuti nelle necropoli che documentano un tenore di vita ricco ed elegante. Parallelamente all’espandersi di Roma, entrò in conflitto con essa: la leggenda, infatti, ricorda i Caeninenses, i Crustumini e gli Antemnati come gli abitanti di quei villaggi prossimi a Roma che insieme ai Sabini furono coinvolti nel celebre “Ratto”. L’acropoli di Collatia, invece, sorgeva presso l’Aniene su uno sperone tufaceo oggi occupato dal castello medievale di Lunghezza. Secondo la tradizione, l’epoca repubblicana di Roma, si apre con il suicidio di Lucrezia che si sarebbe tolta la vita proprio in questa zona. La leggenda ricorda, infatti, che Lucrezia si uccise in seguito al disonore causatole da un figlio di Tarquinio il Superbo e per vendicarsi suo marito, Lucio Tarquinio Collatino, sollevò il popolo contro il re etrusco e lo costrinse a rifugiarsi a Cerveteri. Così, nel 509 a.C., Roma divenne una repubblica. Nel secolo successivo si andò sempre più affermando l’egemonia di Roma che procedette alla monopolizzazione dei traffici commerciali che avevano alimentato gli insediamenti arcaici lungo l’Aniene. A causa di ciò l’abitato di Caenina perse la sua importanza, mentre Collatia divenne un semplice luogo di villeggiatura. L’espansione romana non fu solo di tipo commerciale, ma anche militare, quindi furono costruite grandi strade che collegavano i vari nuclei assoggettati. Fra queste la Tiburtina, che univa la città con Tibur, l’odierna Tivoli e la Collatina, che appunto conduceva a Collatia, oggi Lunghezza. Con ogni probabilità nella prima età repubblicana fu costruito un ponte di legno che attraversava l’Aniene, ma solo in età tardo-repubblicana assistiamo alla costruzione di un solido ponte in pietra, l’antico Ponte Mammolo. In quest’epoca l’organizzazione territoriale sembra ormai gravitare attorno alle due strade principali. Fra la Tiburtina e la Collatina sorse una rete di diverticoli, strade secondarie, all’interno della quale il territorio si frazionò in numerosi possedimenti fondiari: il cosiddetto “fundus” repubblicano.
Diversi saggi di scavo, effettuati tra il 1980 ed il 1982, hanno riportato alla luce nella zona di Ripa Mammea i resti di una grande villa sull’Aniene, a carattere residenziale, dotata di terrazzamenti e di un approdo fluviale per l’attracco delle barche sulle quali veniva caricato il tufo delle vicine cave di Ponte Mammolo. Si presume che il ponte di Ripa Mammea derivi dall’esistenza, in età romana, di queste imponenti strutture di pietra: “Mammea” sarebbe, infatti, una variazione popolare di “Marmorea”. In età imperiale assistiamo ad un notevole aumento degli insediamenti nella zona e ad una conseguente crescita del sistema stradale secondario che, in epoca repubblicana, era sorto tra la Tiburtina e la Collatina. Le strade secondarie, come quelle maggiori, vengono lastricate ed alberate. Uno dei diverticoli, staccatosi dalla Tiburtina all’altezza di Ponte Mammolo, attraversava l’odierna Colli Aniene e si arrampicava sul poggio della Cervelletta per arrivare fino alla Collatina ed alla Prenestina. Attualmente nei pressi del casale sono ancora visibili alcuni basoli del suo lastricato, che oggi compongono il muretto a destra dell’ingresso principale, dal quale si può avere una visione sull’intera valle sottostante. In quest’epoca cominciano a sorgere in questa zona delle vere residenze di campagna della nobiltà romana e si comincia ad affiancare all’agricoltura il commercio di generi voluttuari con la città. In seguito alle numerose opere di bonifica, che vennero effettuate a partire dall’età imperiale, il suolo divenne fertilissimo ed adatto ad ogni genere di cultura e di pascolo. Il paesaggio tutto a basse colline, doveva presentarsi come una tranquilla distesa di orti, frutteti, pascoli, boschi, ville e fattorie. Senza dubbio il monumento romano più importante della zona è l’antico Ponte Mammolo che fu costruito in età repubblicana e subì numerosi rimaneggiamenti durante l’impero. Forse per questo, quando nel III sec. d.C. il Ponte fu restaurato dall’imperatore Alessandro Severo, gli fu dato il nome di Mammolo (dal nome della madre di Alessandro, Giulia Mammea). Un’altra ipotesi invece vuole che “Mammeus”, analogamente a Ripa Mammea, derivi dall’aggettivo “Marmoreus”. Un altro importante monumento dell’età augustea è l’acquedotto Vergine (Aquae Virgo). Il suo percorso sotterraneo tocca le località di Tor Sapienza, Bocca di Leone e Gottifredi. L’opera fu progettata da Agrippa, braccio destro di Augusto e fu inaugurata il 9 giugno dell’anno 19 a.C. e, secondo leggenda, deve il suo nome ad una vergine che avrebbe rivelato il luogo della sorgente.