Visita notturna alla Cervelletta – 10 giugno

L’Associazione Uniti Per la Cervelletta OdV propone una visita notturna per assistere al “concerto” delle rane, dell’usignolo, dell’assiolo e per ammirare le lucciole.
Nel corso della visita sarà necessario:
1-Osservare il più assoluto silenzio
2- Spegnere i telefonini
3-Non usare meccanismi di illuminazione
4-Non indossare scarpe rumorose

Prenotazioni su visite@cervelletta.it

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Il farfaraccio

È noto che la conservazione della biodiversità è fondamentale non solo per il suo valore intrinseco ma anche perché assicura ad esempio aria pulita, acqua dolce, suolo di buona qualità e impollinazione delle colture. Ci aiuta a combattere i cambiamenti climatici e ad adattarci a essi, oltre a contribuire a ridurre l’impatto dei pericoli naturali. Il suo declino ha quindi conseguenze fondamentali per la società, l’economia e la salute umana.

La Cervelletta è un’area molto ricca di biodiversità, in particolare per la presenza di aree umide e paludi che richiamano la presenza di numerosi uccelli acquatici. Sono presenti anche alcuni mammiferi, oltre a numerose specie botaniche che a loro volta richiamano una moltitudine di insetti.

Durante le visite guidate organizzate dall’Associazione, partendo da Via Cingolani, possiamo incontrare e riconoscere le varie specie botaniche. Una delle prime piante che incontriamo all’inizio del percorso è il farfaraccio.

Il Farfaraccio il cui nome scientifico è Petasites hybridus L., è un genere di piante angiosperme dicotiledoni della famiglia delle Asteraceae. All’interno della famiglia delle Asteraceae i “Farfaracci”, tradizionalmente, fanno parte della sottofamiglia delle Tubiflore.

Il nome petasites si deve al botanico greco Dioscoride Pedanio (Anazarbe in Cilicia, 40 circa – 90 circa) con riferimento alle grandi foglie simili al petàsos, un cappello a grandi falde usato dai contadini e viaggiatori del suo tempo in quanto pensato per fornire protezione sia contro il sole che contro la pioggia.

Farfaraccio è il nome comune che deriva dal latino farfaro e si riferisce a qualcosa che porta farina. La parte inferiore della foglia è infatti lanuginosa, come fosse cosparsa di farina.

Le foglie, grandi e resistenti, venivano usate dagli antichi romani per incartare il burro.

Le specie del genere  petasites sono varie: hybridus, albus, paradoxus, pyreanicus.

Ha portamento eretto, con fusto cavo e caratterizzato da scaglie. Può raggiungere 1 m di altezza.

Le foglie sono verdastre, nella parte inferiore lanuginose. Di forma ovato-cordata e con il margine irregolarmente dentato. Il loro sviluppo avviene dopo la fioritura.

I fiori di colore rosa sono riuniti in spighe. Fioriscono in primavera.

Tra le proprietà medicinali ascrivibili alla farfara ricordiamo quelle antitussive, espettoranti, fluidificanti bronchiali e blandamente spasmolitiche.

Fino alla fine del secolo scorso, gli infusi e gli estratti di farfara erano utilizzati come rimedio mucolitico e sedativo della tosse, per curare l’asma e la rinite allergica. La farfara  non è più utilizzata a scopo medicinale poiché contiene alcaloidi pirolizidinici (senkirkina, tussilagina, senecionina) epatotossici nell’uomo e nel bestiame.

(European Environment Agency – Enciclopedia Botanica, Motta Editore 1960- Strasburger E, Trattato di Botanica. Volume secondo, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007 – Sandro Pignatti, Flora d’Italia., Bologna, Edagricole, 1982).

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