Un saluto commosso e affettuoso da parte di tutta l’Associazione Uniti per la Cervelletta al caro Antonio che ci ha lasciati in questi giorni di agosto.
Antonio Viccaro era un socio, un amico, un compagno strettamente legato alla storia della Cervelletta e alle tante battaglie per la salvaguardia del Parco e del Casale. Ma molti lo ricordano nel quartiere di Colli Aniene anche per il suo costante impegno sociale, per la sua caparbietà a voler raggiungere gli obiettivi, per la sua precisione e coerenza. Un compagno di questo tratto di strada che parte da lontano e che ha sempre guardato oltre, ci lascia un testimone importante da portare avanti con determinazione: la tutela dell’ambiente, l’impegno per un mondo migliore, l’attenzione verso i più deboli della società. La sua sensibilità e umanità, la sua semplicità e onestà restano un esempio per tutti noi che lo abbiamo voluto come membro del direttivo della nuova associazione.
Tra le tante specie di piante che possiamo osservare nel Parco Naturale della Cervelletta, troviamo anche quelle che richiedono particolare attenzione e prudenza dovuta alla loro tossicità. Una di queste è la cicuta. Esistono tre specie di questa pianta, genere delle ombrellifere e tutte e tre velenose: la cicuta maggiore, la cicuta minore e quella acquatica. La cicuta è una pianta erbacea originaria dell’Europa, appartenente alla famiglia delle Apiacee, a ciclo biennale, cresce ai margini dei sentieri, in ambienti umidi e ombrosi, presso vecchi ruderi. La cicuta maggiore (Conium maculatum, dal greco konion che significa uccidere) è la più comune, passata alla storia per essere stata la bevanda mortale di Socrate. Questa pianta si confonde facilmente con la carota selvatica ma si riconoscere dal forte odore di urina di topo. I fiori sono bianchi, raccolti in ombrelle; le foglie superiori simili a quelle del prezzemolo, sono piccole e tripennatosette (in quanto i lobi sono suddivisi tre volte), mentre quelle inferiori sono grandi e irregolarmente frastagliate. La radice è bianca e sottile e il fusto alto 2 metri, è leggermente scannellato e cavo, cosparso sulla superficie di macchie rosso violacee.
L’intera pianta della cicuta maggiore è velenosa e l’alcaloide più tossico, è la “coniina”, quello appunto, che provocò la morte al filosofo Socrate nel 399 a.C., contenuto nei frutti ovoidali, che hanno un sapore amaro e nauseabondo. In medicina, se usata in dosi terapeutiche, possiede proprietà antispasmodiche, neurosedative e analgesiche. Diversamente quest’erba è un potente veleno che provoca gradatamente diminuzione delle sensibilità e della motilità, paralisi dei muscoli volontari e infine morte per blocco respiratorio. La cicuta minore (Aethusa cynapium) o cicuta aglina, alta 30-80 cm., si confonde con il prezzemolo selvatico o il cerfoglio e non si differenzia particolarmente dalla precedente se non per l’intenso odore di aglio. La sostanza velenosa è la cinapina che al pari della coniina determina un quadro tossico caratterizzato da nausea, vomito, rallentamento della frequenza cardiaca e progressiva paralisi muscolare che conduce ad arresto cardiaco. La cicuta acquatica (Cicuta virosa): cresce negli habitat umidi, come fosse di drenaggio o paludi. Ha foglie composte, piccoli fiori bianchi o verdi, tuberi grandi, radici cave. Può raggiungere un’altezza di 2,5 metri. La sostanza tossica è la cicutossina che determina precoce comparsa di vomito e diarrea; quindi, dopo circa una-due ore compaiono le convulsioni. Occorre fare attenzione all’assunzione di piccoli uccelli (allodole, tordi, quaglie o coturnici – da qui il termine coturnismo – ) cacciati in primavera. I volatili sono resistenti agli effetti della cicuta ed in primavera si nutrono dei germogli che appena spuntati sono inodori.
(Fonti: Enciclopedia Erbe e salute . Ed Rossi – Bulgarelli G., Flamigni S., 2014 – Le piante tossiche e velenose. Hoepli Editore, Milano)
Le lucciole in Italia sono sempre più rare ma esistono ancora molte zone in cui è possibile ammirarle nelle notti d’estate. Uno di questi luoghi è vicino a noi, nel Parco Naturale della Cervelletta. La visita notturna organizzata dall’Associazione è fonte di tante scoperte e sensazioni ma è anche un modo per avvicinare il pubblico ad organismi che svolgono il ruolo di indicatori ecologici, tra i quali, senza dubbio, le lucciole. Le lucciole svolgono un ruolo ecologicamente significativo negli ecosistemi in cui vivono. Le larve di lucciole sono predatrici e si nutrono di lumache, chiocciole, anellidi e altri piccoli invertebrati. Questo aiuta a mantenere sotto controllo le suddette popolazioni di invertebrati. Le lucciole sono dei piccoli coleotteri appartenenti alla famiglia dei Lampiridi con oltre 2000 specie nel mondo e 22 in Italia, (Luciola italica tra le specie più comuni). Maschio e la femmina presentano grandi differenze tra loro: il maschio è dotato di ali forti e spesse ed è di colore bruno-giallastro, mentre la femmina rimane tutta la vita a uno stato larvale, con ali piccole e deboli che non le permettono di volare ed è di colore bruno-rosato. Usano la luce per la comunicazione sessuale: il maschio vola emettendo una luce intermittente, per attirare le femmine con il loro bagliore, mentre la femmina rimane ferma tra la vegetazione e si illumina di luce fissa in attesa che il maschio la noti. Ogni specie ha un proprio codice di luminosità e intermittenza. Brillano di luce propria grazie ad una reazione chimica: in organi dell’addome una molecola chiamata luciferina in presenza di ossigeno e di un enzima detto luciferasi, si trasforma emettendo luce. Le lucciole usano la bioluminescenza pure per farsi riconoscere dai predatori quando sono ancora larve.
Preziose sentinelle della qualità dell’ambiente, ispiratrici di emozioni, malgrado la loro magia e il loro rito di accoppiamento che si dipana nel buio, le lucciole sono un mondo affascinante, ma poco conosciuto. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, questi piccoli animali hanno sofferto l’impatto di fattori come inquinamento luminoso, agricoltura intensiva, urbanizzazione del territorio, utilizzo di insetticidi. Tanti scienziati e scrittori ne hanno lanciato l’allarme, a partire da Rachel Carson nel 1962 e da Pier Paolo Pasolini nel 1975. Intorno al suggestivo spettacolo delle loro luci sono nate leggende, miti e usanze. Essendo un animale legato alla vita notturna, la lucciola viene ritenuta un messaggero tra il mondo reale e il mondo dei sogni. Secondo la tradizione è capace di portare in superficie le questioni celate nell’inconscio. Rappresenta l’intuizione, la creatività, la leggerezza e la sincerità. Simbolo di luce interiore, insegna ad “illuminarsi” sintonizzandosi sull’alta frequenza del cuore, dove regna l’amore per se stessi e per gli altri.
(Fabrizio Fanti, “Guida delle lucciole d’Italia – Lampyridae” – Focus 346, agosto 2021 dedicato alle lucciole).
Organizzazione di volontariato, ai sensi degli artt. 32 e segg. del Decreto Legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo Settore), per il perseguimento senza scopo di lucro di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.